Da anni ormai si sente parlare di Leishmaniosi, una malattia parassitaria molto diffusa nel nostro Paese che minaccia i cani e non solo.
In questo articolo ti spiego tutto quello che c’è da sapere su una delle più importanti patologie canine del terzo millennio.
Cos’è la Leishmaniosi?
La leishmaniosi è una malattia parassitaria causata da protozoi appartenenti al genere Leishmania.
Ne esistono diverse specie, ma quella responsabile della patologia che colpisce i nostri cani è la Leishmania infantum
Il suo nome deriva dal fatto che, nell’areale di origine, questo agente patogeno è responsabile di una grave forma morbosa che si verifica soprattutto nei bambini.
Si tratta di un microscopico parassita intracellulare obbligato, caratterizzato da un ciclo biologico ed una modalità di trasmissione molto particolari.
Come si trasmette la leishmaniosi
Esistono diverse modalità, descritte o ipotizzate, attraverso le quali la leishmaniosi può essere trasmessa da un animale all’altro, come ad esempio la trasfusione di sangue o il passaggio dell’agente patogeno dalla madre al figlio durante la gestazione.
Una sola, però, è quella epidemiologicamente significativa e che ha permesso la sua grande diffusione: stiamo parlando della puntura del flebotomo.
Il flebotomo è un insetto (dittero) la cui femmina è ematofaga, cioè si nutre di sangue per produrre e deporre le uova, proprio come le zanzare fanno, quando trasmettono la filaria.
Il maschio, al contrario, si ciba di linfa vegetale e non rappresenta né un rischio né un fastidio per esseri umani ed animali.
La leishmaniosi non può essere trasmessa per semplice contatto o convivenza tra un animale malato ed uno sano, neanche se questi condividono la cuccia o la ciotola
Esistono numerose specie di flebotomi in grado di trasmettere la leishmaniosi ma nel nostro Paese quello più pericoloso e diffuso è il Phlebotomus perniciosus.
Affinché questo insetto diventi vettore di malattia è necessario che compia un pasto di sangue su un animale infetto.
Attraverso la puntura assume, insieme al sangue l’amastigote di Leishmania infantum, la forma non infettante del parassita.
All’interno dell’insetto l’amastigote si trasforma in promastigote che andrà a localizzarsi a livello delle ghiandole salivari del vettore.
Il promastigote è in grado di infettare e la trasmissione avverrà durante la puntura successiva.
Il flebotomo è un insetto dalle abitudini crepuscolari e notturne, pertanto vola e si nutre dal tramonto all’alba. Inoltre, dettaglio di non poco conto, non compie voli molto lunghi e durante la sua breve vita si sposta al massimo 1 chilometro dal sito in cui è nato.
Epidemiologia della leishmaniosi: dove è diffusa e dove non lo è
Sarebbe bello poter dire che la leishmaniosi sia confinata in poche e piccole aree della penisola italiana, ma purtroppo non è così.
Fino a pochi anni fa, questa malattia era considerata esotica in quanto la sua diffusione era limitata alla fascia tropicale, ovvero alle regioni calde del Pianeta.
Con l’aumento delle temperature globali e la movimentazione degli animali, la leishmaniosi ha raggiunto dapprima il sud del nostro Paese, in particolare la Sicilia, per poi diffondersi piano piano a tutto il resto dello stivale, un po’ come succede per l’altra malattia trasmessa da vettore volante, la filariosi cardiopolmonare.
Visto lo stretto legame tra la malattia e l’insetto vettore nonché la presenza di animali selvatici che possono fungere da serbatoio, la leishmaniosi è diffusa oggi su scala nazionale, con l’esclusione delle zone in quota dove le condizioni climatiche non consentono la sopravvivenza del flebotomo.
Si considera pertanto l’Italia come una grande area endemica, sebbene le regioni dove il clima è più mite e la stagione calda dura più a lungo siano quelle colpite in maniera più massiccia.
Il mio cane è a rischio di contrarre la Leishmaniosi?
Si suole parlare comunemente di leishmaniosi canina in quanto il cane è la specie più ricettiva e nella quale la malattia si sviluppa con maggiore facilità.
Tutti i cani sono potenzialmente a rischio di contrarla ma alcuni lo sono più di altri.
In particolare quelli.
che non vengono regolarmente protetti con antiparassitari ad effetto repellente
La differenza tra infezione e malattia
Esiste una differenza sostanziale tra infezione e malattia, un cane infetto e cane malato sono due cose diverse.
Si parla di infezione quando l’animale entra in contatto con l’agente patogeno, ovvero quando subisce la puntura del flebotomo e nel suo organismo penetrano i promastigoti di Leishmania infantum.
Come conseguenza, il sistema immunitario del soggetto infettato mette in atto dei particolari meccanismi di difesa che portano alla produzione di anticorpi che possono essere rilevati attraverso particolari analisi.
Il cane malato è invece quello che, a seguito dell’infezione, sviluppa la malattia e quindi inizia a mostrare i segni clinici conseguenti al danno che il parassita provoca sul suo organismo.
Tutti i cani possono sviluppare la malattia, l’unica eccezione sembra essere rappresentata da alcune razze canine originarie del bacino del Mediterraneo, come ad esempio il Cirneco dell’Etna, e Podenchi che si sarebbero selezionate anche in funzione della resistenza alla leishmaniosi.
La leishmaniosi nel cane: sintomi e possibilità di sopravvivenza
La leishmaniosi è una malattia cronica che impiega molto tempo, da mesi ad anni, prima di causare danni nell’animale e provocare la comparsa dei sintomi.
Soprattutto in fase iniziale i segni clinici sono poco evidenti e per questo è difficile anche solo sospettarne la presenza.
Man mano che le condizioni di salute dell’animale si aggravano, i sintomi si fanno più rilevanti fino a debilitare seriamente il soggetto e, se non si interviene in maniera tempestiva ed efficace, condurlo a morte.
Sintomi della Leishmaniosi
I sintomi della malattia non sono specifici e potrebbero non presentarsi tutti quanti o in contemporanea.
Questa caratteristica rende la leishmaniosi una malattia subdola, in quanto il quadro clinico da solo non è sufficiente per emettere una diagnosi.
Un veterinario esperto riuscirà comunque a formulare un sospetto, che potrà confermare eseguendo delle analisi ad hoc.
I principali segni clinici che possono comparire in corso di leishmaniosi nel cane sono piuttosto aspecifici:
- Dimagrimento
- Anoressia
- Riduzione progressiva delle masse muscolari
- Debolezza
- Rifiuto dell’esercizio fisico
- Perdita di pelo
- Desquamazione cutanea
- Crescita abnorme delle unghie (onicogrifosi)
- Apparente invecchiamento precoce
- Ingrossamento dei linfonodi
- Dolore articolare e zoppia
- Vomito
- Diarrea
- Lesioni oculari
- Perdita di sangue dal naso (epistassi)
- Difetto della coagulazione del sangue
- Urinazione frequente
- Aumento della sete
- Problemi neurologici
- Maggiore facilità a contrarre altre patologie
La cute è uno degli organi che vengono maggiormente colpiti dalla leishmaniosi e pertanto molti dei segni clinici si manifestano a questo livello.
Non è raro osservare soggetti affetti da alopecia, desquamazione, formazione di forfora e pelle maleodorante anche per la sovracrescita di Malassezia o per infezioni secondarie.
Il rene è, invece, l’organo interno più colpito e quello che, il più delle volte, a seguito del danno inflitto dalla deposizione di immunocomplessi va incontro ad insufficienza renale e conduce a morte l’animale.
Gli altri animali a rischio: il gatto può essere colpito dalla leishmaniosi?
Come abbiamo già detto, il cane è la specie più ricettiva e nella quale la malattia si sviluppa con maggiore facilità.
Nonostante ciò, esistono moltissime altre specie che possono essere infettate Leishmania infantum e fungere da serbatoio per l’agente patogeno, sebbene più difficilmente avvenga il passaggio da infezione a malattia.
Tra queste possiamo ricordare in particolare:
- canidi selvatici (volpe e lupo)
- lepre
- roditori (topo, ratto, arvicola, ecc.)
- ungulati domestici (ad es. cavallo, bovini e piccoli ruminanti)
- pipistrello e molti altri.
Anche il gatto può essere infettato attraverso la puntura del flebotomo ed infatti moltissimi sono i felini che, in caso di indagine di laboratorio, risulterebbero positivi al test, soprattutto quelli che vivono nelle zone endemiche ed in condizioni di randagismo.
A differenza del cane, però, il gatto è molto più resistente alla leishmaniosi e pertanto non sono tantissimi quelli che manifestano la malattia e che devono essere sottoposti a cure mediche.
Diagnosi di leishmaniosi: come si fa?
Esistono diverse indagini diagnostiche necessarie per avere certezza di malattia poiché, come abbiamo detto, non è sufficiente l’osservazione dell’animale e neanche un’accurata visita clinica per confermare il sospetto.
Tra queste anche la messa in evidenza del parassita nelle lesioni, attraverso raschiati cutanei poi osservati al microscopio.
Il sistema più semplice, rapido ed economico è quello di far eseguire il test direttamente in clinica o in ambulatorio.
Il test rapido è uno strumento a disposizione del veterinario che permette in pochi minuti e con solo qualche goccia di sangue di determinare se il cane sia entrato in contatto con l’agente patogeno oppure no, svelando la presenza di anticorpi specifici.
Per una diagnosi più raffinata è possibile inviare il sangue o il siero al laboratorio d’analisi il quale, oltre a confermare l’infezione, potrà anche eseguire la titolazione anticorpale.
In caso di dubbio si dovrà ricorrere alla biologia molecolare (PCR), il cui ruolo è quello di rilevare senza ombra di dubbio la presenza del parassita anche dal punto di vista genetico e quantitativo (cioè quanti parassiti sono effettivamente in circolo.
Inoltre sarà fondamentale riuscire ad effettuare una stadiazione della malattia (leggi l’approfondimento dall’articolo “sintomi e stadiazione della leishmaniosi”)
L’importanza degli esami collaterali per la terapia.
Una volta confermata la diagnosi è necessario proseguire con l’iter diagnostico.
Al fine di impostare correttamente un protocollo terapeutico e di formulare una prognosi, è importante completare le indagini con gli esami collaterali.
Questi sono molto importanti per valutare le condizioni generali dell’animale e stadiare correttamente la patologia.
Gli esami collaterali possono essere diversi e a discrezione del veterinario curante, ma tra tutti quelli che possono essere eseguiti rivestono particolare importanza la biochimica, in particolare la valutazione della funzionalità epatica e renale, e l’elettroforesi, che determina le proteine plasmatiche ed il loro rapporto.
Prevenire e curare la leishmaniosi canina
Veniamo adesso al punto cruciale: come difendere efficacemente il nostro cane?
La prima regola nella prevenzione della leishmaniosi è quella di evitare la puntura del flebotomo e per fare ciò è necessario attuare una buona strategia antiparassitaria.
Esistono in commercio molti prodotti efficaci in questo senso, sia sotto forma di spray che di pipette spot-on o collari, ma è necessario compiere una scelta oculata.
Prima di acquistare un antiparassitario è consigliabile consultare il proprio veterinario di fiducia, in quanto non tutti principi attivi e loro combinazioni sono adatte contro i flebotomi.
Affinché la protezione antiparassitaria sia efficace, il prodotto deve contenere nella sua formulazione una molecola ad effetto repellente (piretroidi), in grado di tenere lontano gli insetti ematofagi (come anche le zanzare per la filariosi).
Ecco i consigli per una buona profilassi antiparassitaria:
- Scegliere un antiparassitario registrato contro i flebotomi
- Seguire con attenzione le indicazioni del produttore relativamente alle modalità di somministrazione
- Ripetere la somministrazione con precisione e ad intervalli regolari, come indicato sul foglietto illustrativo.
Perché dico questo?
Perché se un antiparassitario non viene utilizzato nella maniera corretta potrebbe non proteggere adeguatamente il tuo cane, con conseguenze anche gravi sulla sua salute.
L’altro grande baluardo per la prevenzione della leishmaniosi canina è la profilassi immunizzante, ovvero la vaccinazione, oggi consigliata anche dalle linee guida della WSAVA.
Attualmente esistono in commercio vari vaccini.
L’ultimo registrato per il cane, estremamente sicuro per gli effetti collaterali praticamente assenti (fatto salvo un leggero prurito nella zona di inoculo che è comunque transitorio) e relativamente efficace nella copertura, anche se non riesce ad esserlo al 100% come i vaccini contro le malattie virali, è quello che io consiglio vivamente di fare.
La funzione del vaccino è quella di istruire il sistema immunitario dell’animale e metterlo in grado di contrastare la replicazione dell’agente patogeno e la sua diffusione nell’organismo, senza però creare degli anticorpi specifici contro la malattia (che altrimenti diventerebbe manifesta).
Non interferisce con i risultati del test anticorpale. Significa, cioè che si è in grado di differenziare la risposta immunitaria da vaccino con quella da presenza di parassita ed è altamente consigliato.
Qualora la protezione degli antiparassitari non fosse sufficiente ad impedire la puntura dell’insetto e si verificasse l’infezione, un cane vaccinato regolarmente sarà maggiormente in grado di contrastare l’insorgenza della malattia.
Prima di eseguire la profilassi immunizzante, il veterinario dovrà accertare l’assenza dell’infezione ed eseguire alcuni esami collaterali.
Non è consigliato infatti vaccinare un cane che è già stato sottoposto ad infezione.
Esistono repellenti naturali contro i pappataci?
Esistono diversi repellenti naturali, molti dei quali sono contenuti all’interno di prodotti commerciali mentre molti altri possono essere reperiti, per lo più sotto forma di estratti od oli essenziali, presso le erboristerie.
L’olio di Neem è sicuramente quello più conosciuto ed utilizzato come repellente per i flebotomi ed è stato oggetto di diversi studi.
La protezione che conferisce è notevole ma ha il difetto di una breve durata di azione, al massimo 8 ore.
Molti altri sono i derivati di origine naturale che hanno dimostrato un’elevata repellenza verso i principali ditteri ematofagi e tra questi ricordiamo la citronella, la lavanda, il geranio, la calendula, l’eucalipto, l’erba gatta e l’aglio (non sottoforma di integratore alimentare o da assumere per bocca risultando tossico per i cani e gatti).
Il cane può guarire dalla leishmaniosi? Quale aspettativa di vita avrà?
Parlare di guarigione dalla leishmaniosi è difficile.
Il sistema immunitario di alcuni soggetti riesce a mettere in atto un meccanismo di difesa efficace in grado di eliminare il parassita o, perlomeno di inibirne la replicazione, impedendo l’evoluzione della patologia in forma clinica.
Nella maggior parte dei casi, purtroppo, all’infezione consegue quasi sempre, in tempi più o meno brevi, la malattia.
Esistono diversi protocolli terapeutici per la cura della leishmaniosi il cui scopo, per lo più, è quello di tenere sotto controllo l’infezione e limitare i danni.
Un cane che ha contratto la leishmaniosi rimane comunque un soggetto a rischio di sviluppare nuovamente la malattia, pertanto dovrà essere sottoposto con regolarità a controlli medici.
È giusto sottolineare che un cane curato a dovere prima del sopraggiungere di danni irreversibili ha una buona aspettativa di vita ecco perché è così importante effettuare controlli regolari e test per la valutazione della presenza di parassita nel sangue.
La leishmaniosi è un pericolo per l’uomo? Posso essere contagiato?
Anche l’essere umano può contrarre la leishmaniosi, ma ricordiamo che la convivenza con un cane malato non rappresenta un rischio di trasmissione diretta.
L’uomo, esattamente come avviene per tutte le altre specie animali, si infetta principalmente attraverso la puntura del flebotomo.
Ma quali sono i rischi per l’uomo?
Innanzitutto è bene precisare che, qualora avvenisse l’infezione, nell’uomo la patologia è in genere autolimitante e il più delle volte non va oltre una qualche manifestazione circoscritta a livello della pelle (forma cutanea).
Al contrario, esistono delle fasce di popolazione a rischio di sviluppare la malattia in forma viscerale, quella grave e potenzialmente mortale.
Stiamo parlando principalmente di bambini molto piccoli, soggetti immunodepressi, malati di HIV e pazienti oncologici.
Inoltre, i protocolli terapeutici umani sono decisamente più efficaci e maggiormente studiati, tanto da non essere una preoccupazione per noi, almeno per soggetti considerati sani.
Leishmaniosi nel cane: quali terapie?
I trattamenti per la Leishmaniosi hanno lo scopo di:
- ridurre o eliminare la carica parassitaria
- controllo dei danni indotti dal parassita, soprattutto quelli derivati dall’insufficienza renale
- ripristino della risposta immunitaria corretta
- stabilizzazione nel tempo dei risultati
- trattamento delle recidive
Molte sono le cause dell’insuccesso terapeutico.
- Eccessivo squilibrio immunitario in corso d’infezione
- difficoltà di interazione farmaco-bersaglio: la presenza di cellule parassitate in zone poco vascolarizzati come la cute, i tessuti cheratinizzati, rende complicato il raggiungimento di concentrazioni intracellulari terapeuticamente efficaci
- Possibile esistenza di ceppi resistenti ai chemioterapici antimoniali
- Possibile coesistenza di altri agenti patogeni trasmessi da vettori che possono dare manifestazioni clinico-patologiche molto simili a quelli indotti da L. infantum come Ehrlichia, Anaplasma, Babesia, Haepatozoon canis.
I protocolli che vengono utilizzati più frequentemente e che si sono dimostrati maggiormente efficaci sono composti da una associazione di farmaci anche in base alla stadiazione della malattia a cui ti rimando per approfondire.
Nella pratica il protocollo più frequentemente utilizzato è quello che prevede l’uso di antimoniato di N-metilglucaminaper 4-6 settimane, unitamente alla somministrazione di allopurinolo da protrarre per molti mesi dopo la remissione clinica.
Questo protocollo, se applicato correttamente, nei cani caratterizzati da condizioni cliniche non particolarmente gravi determina quasi costantemente la guarigione clinica e il suo mantenimento per periodi quasi sempre superiori a un anno. (Fonte Prof. Gaetano Oliva Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali Università di Napoli Federico II)
L’associazione dei due farmaci consente anche un drastico abbassamento della carica parassitaria infettante per alcuni mesi (dai 6 ai 12), quindi un minore tasso di infettività per i flebotomi vettori.
La prognosi però è strettamente correlata alle condizioni generali del cane e dallo stadio in cui si trova anche dal punto di vista della possibile patologia renale cronica in corso.
Altra molecola è la miltefosina (esadecil-fosfocolina).
La sua attività anti-Leishmania è determinata da alterazioni indotte al metabolismo dei fosfolipidi del parassita.
Uno studio clinico (Mirò et al., 2008) ha valutato l’efficacia e sicurezza dell’associazione miltefosina – allopurinolo rispetto al protocollo antimoniato di N-metilglucamina e allopurinolo in cani con infezione naturale da Leishmania infantum.
I risultati paiono non differire (sono quindi entrambi efficaci) se non quando le condizioni del cane non sono troppo compromesse. In questo caso il secondo protocollo pare essere più efficace.
L’allopurinolo è stato proposto come farmaco utilizzabile da solo, nelle forme iniziali della malattia o nelle forme molto gravi, tipicamente caratterizzate da insufficienza renale cronica.
Un altro farmaco recentemente commercializzato per gli stati iniziali è il domperidone, utilizzabile da solo o in associazione con gli antimoniali o con la miltefosina.
Il domperidone pare capace di evocare la risposta cellulo-mediata (Th1) e quindi una migliore azione immunitaria nei confronti del parassita.
L’azione terapeutica del domperidone in monoterapia o in associazione agli altri farmaci anti-Leishmania pare promettente soprattutto nella fase iniziale dell’infezione in cui sembra riuscire a rallentare la risposta anticorpale.
Bene per oggi è tutto se vuoi approfondire i sintomi e gli stadi della malattia Leishmaniotica, ti consiglio di leggere questo articolo.
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Bibliografia
- Dhiman RC, Sharma VP. “Evaluation of Neem oli as sandfly Phlebotomus papatasi (Scopoli) repellent in an oriental sore endemic area in Rajasthan”. SOUTHEAST ASIAN J TROP MED PUBLIC HEALTH Vol 25 No. 3 September 1994
- Srinivasan R, Kalyanasundaram M. “Relative efficacy of DEPA and neem oil for repellent activity against Phlebotomus papatasi, the vector of leishmaniasis”. J Commun Dis. 2001 Sep;33(3):180-4.
- Papeschi C, Sartini L. “Leishmaniosi: attualità dalla ricerca”. La Settimana veterinaria, n. 980 del 02/11/16, pp 60-64
- https://www.vetpedia.it/site/content/leishmaniosi-canina
- http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=223&area=Malattie_infettive
- https://www.epicentro.iss.it/leishmaniosi/
- www.izslt.it/it/leishmaniosi/
- https://www.gruppoleishmania.org/